10 luglio 2011

LEONARDO, LA GIOCONDA E GLI ITALICI GIOCONDORIANI

Luglio (62)
Introduzione alla lettura
8/07/11

      Forse qualcuno si ricorda una pubblicità di tanti anni fa in cui il personaggio principale per non passare come uno stupido diceva di non avere scritto in fronte Jo Condor, versione “pubblicitaria”del “e che ciò scritto Giocondo”, sempre riferito ad un personaggio stupido e credulone. Ebbene c'è stata quasi una rivolta dei nostri giocondoriani italici proprio per protestare sul mancato rientro, anche se in prestito, della Gioconda dalla Francia. Eppure la storia di Leonardo ci avrebbe dovuto insegnare qualcosa.....


LEONARDO, LA GIOCONDA E GLI ITALICI GIOCONDORIANI.

     La storia che racconterò su Leonardo è un mio pallino, l'interpretazione originale di una storia sotto gli occhi di tutti e che nessuno, e non solo gli italioti,  vuole riconoscere per come si è svolta.

     Parla di un genio del fare, di un ragazzo di bottega a Firenze nel pianeta delle dotte e saccenti scimmie. Di un genio praticamente incompreso visto che le sue invenzioni a volte anticipavano di secoli le lore effettive e rivoluzionarie applicazioni. Di colui che era appunto troppo avanti per le idee e le tecnologie del tempo. E parlo anche di un uomo triste e anche non molto fortunato. La tecnologia che porta all'affresco sulla battaglia di Anghiari non funziona e il dipinto va perso e anche l'ultima cena a Milano ha avuto non pochi problemi tecnici

     E poi la sua contemporaneità con l'essere più servile  che abbia mai calpestato il suolo di questo paese negli ultimi 500 anni. Quel Niccolò Vellimacchia che con la sua oscena frase sul “fine che giustifica i mezzi” ha contribuito a educare sul nulla, sul proprio personale rivoltantetornaconto personale una pletora di ignobili profittatori, con tante dotte scimmie che hanno esaltato l'osceno “pensiero” di questo servo nato, di questo “maestro tra i maestri” dell'ignobile.

     Nello stesso periodo Leonardo da Civin prende la Gioconda, il ritratto più famoso al mondo, e lascia l'Italia per la Francia, per sempre, e qualcuno dovrebbe pur comprendere cosa significhi andare a vivere e morire in un paese straniero nel Cinquecento.  Ora gli Italici giocondoriani reclamano la Gioconda e i cugini francesi, che nel loro dna hanno in comune con noi almeno il 50%
di stupidità (sono o non sono nostri cugini?) sono pronti a giustificare il loro divieto con il fatto che la Gioconda soffrirebbe il trasloco. Ma a prescindere da dati tecnici a tutti potrebbe essere prestata la Gioconda di Leonardo da Civin ma ma e poi mai ai discendenti del Niccolò Vellimacchia, gli italioti che il  giocondarinismo ce lo hanno scritto in fronte.
                                                           paolosenzabandiere




2 commenti:

  1. Il detto risale intorno al 1500 qui a Firenze, il marito di Lisa Gherardini La Gioconda (si dice che fosse libertina e amante del trastullo) il famoso mercante Messere Francesco di Bartolomeo del Giocondo che veniva deriso tra i popolani i quali indicandosi la fronte con la famosa locuzione "ma che ciò scritto Giocondo?" cioè "m’avete preso per fesso?

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    1. Grazie per la dotta dissertazione sulla provenienza del detto. Ne sapevo il significato ma non sapevo da dove veniva anche se l'ho saputo usare in maniera fortuita ma appropriata richiamandoni al nome della famosa signora. Tra l'altro mi sia concessa una battuta. Lei mi ha spiegato molto più di tanti critici sul perchè quel sorriso tra il beffardo e il soddisfatto sulla faccia della Gioconda. Era proprio una gran bella signora soddisfatta dei suoi trastulli amorosi. Al di la delle voci su Leonardo devo pensare che il beneficiario di quel sorriso fosse lo stesso pittore visto che è difficile sorridere ad uno per un "trastullo" d'altri".

      Ciao, Paolo.

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