27 agosto 2013

(50) DALLE GRANDI CRISI ALLA TEMPESTA PERFETTA.

Agosto (50)
Introduzione alla lettura
 23/08/13



 
     Le grandi crisi si hanno per un colpevole comportamento delle autorità monetarie e dell’establishment tutto che, in un certo momento economico, invece di tirare le redini ad un’economia surriscaldata si fanno coinvolgere in teorie “strampalate”, in suggestivi nuovi  “paradigmi economici”, “in stavolta sarà diverso”, che portano puntualmente economie arrivate a dei livelli talmente insostenibili a proseguire su quella strada fino ad implodere in crisi devastanti, la cui gravità è sempre direttamente proporzionale agli eccessi che l’hanno prodotta. Ma nessuna grande crisi lo è a livelli tali, per lo meno inizialmente, da mettere in discussione lo stesso sistema, a meno che un establishment di folli non decida di raddoppiare o triplicare di suo gli elementi di rischio.

 
     La crisi del 1929 fu la più grave crisi del primo tipo. Una finanza allegra portò ad un indebitamento smodato e ad un successivo fallimento di molti di coloro che fecero il passo più lungo della gamba. Un malessere economico notevole, il 38% di disoccupati, fu la naturale evoluzione di un’economia che aveva ecceduto, ma è altrettanto vero che il sistema resse e quella che fu l’accusa al presidente Herbert Hoover, di non aver operato con interventi mirati dello Stato per sostenere l’economia è stata, a mio parere, lo cosa che ha salvato, al contrario, il capitalismo americano. Il non fare nulla di affrettato ha permesso che il lavoro sporco di ripulitura dell’arterie economiche intasate dagli eccessi fosse portato avanti e quando le elezioni furono vinte da coloro che ritenevano giusto l’intervento dello stato sempre e comunque, la cosa ebbe successo perché lo stato americano, la sua valuta, avevano retto bene alla botta, perché qualcuno aveva fatto il lavoro sporco per i keynesiani.

 

     Il successo della politica keynesiana, comprendo che per i più la mia è un’interpretazione paradossale visto il comune sentire, è dovuto proprio al fatto che nei quattro anni precedenti si privilegiò esclusivamente il mettere in ordine nei conti dello stato, con un principio che dovrebbe essere l’abc di ogni buon governo: quello di far pagare soprattutto agli imbecilli e ai mascalzoni l’aver fatto il passo più lungo della gamba.

 

     Questa volta la crisi, insorta con le stesse caratteristiche di indebitamento, azzardo finanziario, concentrazione di ricchezza in pochissime mani, di quella del 1929, sta avendo un esito diverso. Si è prontamente intervenuti, con i keynesiani in prima fila, per risolvere i problemi degli oltremodo indebitati cittadini americani, indebitando in maniera altrettanto parossistica lo stato, pensando di poter controllare eventuali problemi da troppo indebitamento, da economia surriscaldata, con un eventuale aumento dei tassi. A mio parere questa ho prodotto solo un’economia ancor più drogata, dove al mostruoso indebitamento dei privati si somma il criminale indebitamento dello stato per salvare i suoi cittadini più imbecilli. Ad una situazione insostenibile dove alle  arterie economiche  intasate dal troppo debito dei privati si è aggiunto l’intasamento causato dallo stato, con la possibilità di creare quella tempesta perfetta che può portare, questa si, al collasso di un’intera economia.

    

      Se i cittadini all’improvviso comprendono che i titoli di stato, la liquidità, la stessa carta moneta, sono una cosa da cui fuggire, non si avrà una crisi che coinvolge una percentuale, sia pur alta di popolazione, saranno tutti ad esserne coinvolti. Devo ricordare a qualcuno che tutto l’apparato statale, amministrativo/repressivo sopravvisse alla crisi del 1929 e che pure in presenza di salari in calo i prezzi, che scendevano ancor di più, permisero una decorosa sopravvivenza economica a quel 62% di popolazione che il lavoro lo aveva mantenuto.

 

     Ovviamente queste sono, come direbbero in molti, delle farneticazioni di un inguaribile pessimista. Io la penso diversamente. Per i keynesiani è necessario l’intervento dello stato sempre e comunque io ritengo, al contrario, che ogni stagione economica ha bisogno dei suoi interventi, come ogni stagione della vita ha bisogno dei suoi indumenti, e non mi sognerei mai di dare il premio Nobel per la moda, se mai ci fosse, al “bizzarro” teorizzatore del costume da bagno come indumento per tutte le stagioni. Lo vedrei come un folle che non comprende che ogni cosa va fatta a suo tempo e che è estremamente pericoloso sostenere quella moda nei mesi invernali. Bene nei decenni passati è stato assegnato il premio Nobel per l’economia a vari keynesiani che hanno predicato l’intervento dello stato in tutte le stagioni e in tutte le salse. Per la verità con questo non voglio dire che sono meritati i premi Nobel per l’economia dati ai monetaristi, più semplicemente abolirei la vergogna dei premi Nobel per quella materia, quasi tutti immeritati, e quasi tutti dati a persone dotate di scarsissimo buonsenso che hanno contribuito, con le loro teorie, a costruire questa crisi nel corso dei decenni.

 

    Concludo con una constatazione. Non è colpa del buonista di turno se arriva una crisi economica ma dargli la possibilità di essere il comandante che ci porta in salvo in quei frangenti è la più grande follia che si possa fare. Il buonista, purtroppo lo dice il nome,  è colui che non avendo le palle per salvare solo chi lo merita, e/o chi lo può, fa in modo che in una scialuppa di salvataggio che può contenere, e salvare, 70 persone, salgano tutte le persone che lo desiderano. E quella donna e quel bambino no? Forza fate posto a quel simpatico vecchietto! E quella bella ragazza? E quella famiglia numerosa? E quel cattivo speculatore a cui faremmo (quando mai!) un bel processo, lo vogliamo lasciare affogare? E quel….. Così non si salveranno nemmeno i 70 che potevano essere che potevano essere salvati.

 

      Ma è probabile che mi stia sbagliando, che non comprenda che stavolta è diverso, che è un nuovo paradigma economico.

 

                                                       Paolosenzabandiere

 

 
 

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