29 marzo 2013

(20) LA CICALA E LA FORMICA. UNA FAVOLA RIVISITATA IN CHIAVE ECONOMICA.

Marzo (20)
Introduzione alla lettura
26/03/13


C’è un comune sentire per cui lo sciocco che si è caricato di debiti si trova sempre nella cacca e colui che per incapacità, o per avidità da interessi, quei debiti ha contribuito a formare prestando soldi a go-gò, se la cava sempre. Io credo che per l’Itaglia e per la Krande Cermania ci sia al contrario un stesso destino, ma non volendo farla difficile la butto, per ora, in favola. Voglio solo precisare che il finale di questa favola, che io credi racconti il futuro, non è proprio da “favola”. Quasi tutti staranno molto…… ma non togliamoci la sorpresa.

     Tutti ci ricordiamo della favola di Esopo riadattata da La Fontaine che racconta di una cicala che passava l’estate a cantare mentre una laboriosa formica lavorava per accumulare cibo per l’inverno. E quando arriva la stagione fredda la cicala presa dai morsi della fame chiede cibo alla previdente formica. Quest’ultima, di fronte a quella richiesta, domanda alla ludica cicala: “Che cosa hai fatto durante l’estate mentre io raccoglievo cibo?”. “Ho cantato”, risponde pronta la cicala. E la formica di rimando: “E ora balla!”. La cicala zuzzurellona, al contrario della formica stakanovista, non riuscì a sopravvivere all’inverno. La favola è sempre stato un grande insegnamento per le future generazioni.

     Ora c’è una versione moderna, economica, di questa favola, dove per tutta una serie di ragioni il finale cambia, e come se cambia! Come sempre la cicala scioperata, mandolinara e mangia spaghetti, non è proprio il massimo e non fa una bella fine, ma la formica mangia krauti, non più solo previdente ma anche avida dispensatrice di prestiti alle scioperate cicale, che fine pensate possa fare…..


LA CICALA E LA FORMICA. UNA FAVOLA RIVISITATA IN CHIAVE  ECONOMICA.

     Nessuno può sfuggire alla propria indole. Il popolo delle cicale abitava a Stivalia, paese con un inverno abbastanza mite e con una calda, assolata estate. Il motto delle cicale era non fare oggi quello che potrai fare domani. Era un popolo di senza legge, anarchico. Canto, musica, balli, belle cose, arte, monumenti, chiacchere (tante!), erano le attività principali. Nel genere la loro vita era attivissima. Tiravano a notte tarda  e del futuro, del loro futuro chisenefrega! Puntuale, ad ogni inverno, al primo freddo, ne morivano tantissime ma chi sopravviveva, o le nuove generazioni, non si poneva mai il problema di come affrontare la prossima brutta stagione.

     In un paese più a nord, Krucculand, viveva il popolo delle formiche. Gran lavoratrici. Sempre pronte a pensare al loro futuro, al come fronteggiare il loro freddo e triste inverno, e tutto l’anno lì, ad accumulare scorte di cibo, lavorando come schiave per sopravvivere alla brutta stagione. Poi in loro cominciò una mutazione genetica. Non pensarono più solo alla loro giusta sopravvivenza ma a guadagnare qualcosa, qualsiasi cosa, grazie alla loro incredibile, ferrea, instancabile, capacità lavorativa/organizzativa. “Data la nostra bravura nell’accumulare riserve e scorte, perché”, si chiesero, “ non le vendiamo alle nostre vicine cicale, cosi disorganizzate e incapaci, guadagnandoci bei soldini?”. “ E poi perché  non riprestare a quelle sfaticate i soldi guadagnati nell’aver venduto loro il cibo? Così potremmo vendergli anche abiti per passare l’inverno e tante altre belle cose e fare ancor più soldi!”.


     Da simpatici animaletti che programmavano il loro futuro le formiche si tramutarono in un’assatanata macchina da guerra vogliosa solo di guadagnare. Le più smaliziate e ammaliatrici furono mandate come ambasciatrici economiche nel paese delle cicale per convincere quella spensierata popolazione che non si poneva mai problemi. Ovviamente avere più capacità di spesa stravolse la loro vita di cicale. Venne per loro, ma anche per le formiche un periodo splendido. Le prime non capendo nulla di economia incominciarono a indebitarsi presso le seconde,  che le riempirono di cibo, soldi e altro, a prezzi sempre più alti. In entrambi i popoli ci fu una sensazione di ricchezza come mai prima. Le cicale si erano ritrovate una capacità di spesa che non avevano mai avuta e le formiche, a loro volta, avevano raggiunto la piena occupazione e i loro forzieri erano stracolmi di tutte quelle carte di debito delle cicale che, pur non essendo denaro contante, facevano, per le formiche, tanto “effetto di ricchezza”.

     Le mangia krauti divennero ogni giorno più potenti. Dare soldi e cibo alle cicale rendeva loro sempre di più, e con gli interessi i forzieri delle loro regine traboccavano come mai nella storia del loro paese. Ogni volta che scadeva qualche grassa rata di interessi le cicale erano pronte a sottoscrivere altri pezzi di carta, ancora più grassi, con ancora più zeri,  dove certificavano il debito contratto e conquistavano altro cibo e altre merci per superare l’inverno.

     Ma le formiche non avevano ben compreso quanto drammatica sarebbe stata lo loro decisione di mettersi a far soldi. Come essere così ottusi da non capire che le cicale e le formiche avevano entrambe una loro funzione e snaturarla era pericoloso? Dare soldi, cibo, a cicale per le quali il futuro più lontano era il giorno dopo, era certamente una cosa poco saggia. Per questo gli dei sanno punire beffardamente gli sciocchi che pensano di andare contro la loro natura.

     Le cicale, con il cibo e i vestiti presi dalla formiche, sopravvissero alla grande ai loro poco rigidi inverni e incominciarono ad espandersi anche nella fredda Krucculand, divenendo un problema per i suoi stessi compassati abitanti. Erano diventate così numerose, così invadenti, così assordanti, così anarchiche, da squilibrare il sistema nervoso delle ultra disciplinate formiche. Quando erano tutte in volo, poi, riuscivano ad oscurare il sole e a rendere ancor più tristi le già di loro non allegre mangia crauti.

     Il fracasso, il cicaleccio, l’oscurare il sole, ebbero un forte impatto sulla produttività delle formichine che raccolsero molto meno di quello che serviva per il loro sostentamento invernale e per la speculazione con le cicale. Anche perché quella sensazione di ricchezza diffusa aveva portato ad un rapido aumento della loro stessa popolazione. Meno cibo raccolto, e più bocche da sfamare, le obbligarono a prendere una decisione drastica, chiedere indietro tutte le scorte di cibo e di denaro prestati alle cicale. Quest’ultime non compresero il pericolo imminente. Il sole era ancora caldo e anche nel paese delle formiche la pur tiepida estate non creava grossi problemi. Cercarono di consegnare altre promesse di pagare il loro debito, altri pagherò, e al rifiuto delle teutoniche formiche, e al blocco totale dei rifornimenti non dettero un gran peso. D’altronde erano pur sempre cicale e l’inverno era lontano. Per questo continuarono a mangiare quello che la natura offriva loro e ai debiti e alle scorte di cibo per la stagione fredda non pensarono più.

     Poi venne un inverno freddissimo nella terra delle formiche, e tutte le cicale caddero a terra morte stecchite, formando un  tappeto di cadaveri insormontabile per ogni piccola mangia crauti. Queste ultime, al riparo dei loro nidi, consumarono in baleno il poco cibo accumulato e poi, non potendo uscire per cercarne altro, essendo le uscite occluse dai cadaveri delle cicale, morirono di inedia nei loro caldi nidi “caveau”, vuoti di cibo ma pieni di tanta incommestibile carta ormai senza più valore.

     Fu la fine del mondo? Non proprio. Fu la fine di un mondo. Anche su Stivalia ci fu un inverno freddo. Morirono moltissime cicale ma altre, e non poche, sopravvissero grazie a quel po’ pò di cibo che avevano comprato dalle formiche e che non erano riuscite a consumare, e anche grazie ai loro caldi vestiti di teutonica fattura.

     Non è dato sapere se le cicale sopravvissute abbiano compreso che per superare l’inverno, per superare ogni inverno a venire, dovranno lavorare almeno un po’, ma grande è la lezione, l’insegnamento, che ci deriva dalla scomparsa di tutte le formiche. Chi si trasforma da previdente individuo in avido banchiere subisce un punizione “divina”, come ogni sciocco che volendo approfittare della dabbenaggine degli altri non comprende quanto sia ben più la grave la sua.

                                                              paolosenzabandiere


Ps. Qualcuno dovrebbe tradurlo in Krucculandese per far comprendere a quelle “formichine” quanto grave è la responsabilità dei loro banchieri in questa storia.

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