15 aprile 2012

(35) CAPITALISMO MONDIALE. LA PARABOLA DELLA MELA BACATA.

Aprile (35)
Introduzione alla lettura
14/04/12

    Il capitalismo americano ha stravinto sul sistemo sovietico e paradossalmente questa vittoria è stata certificata non da coloro che hanno contribuito a realizzarla,  ma da quegli analfabeti economici che, capeggiati da Reagan, hanno contribuito, al contrario, a minare  le basi di quel trionfo, e a creare i presupposti della più grande crisi economica della storia moderna.  D'altronde fino ad una trentina di anni fa i due sistemi imperfetti si “stampellavano” a vicenda e la caduta dell'uno credo sia propedeutica alla quasi certa  caduta dell'altro.  Ma torniamo al “capitalismo buono”. Ve lo ricordate il Benigni e la battuta sul povero Mario? Lui si faceva il mazzo e il Troisi, il Mario della situazione, non facendo nulla, se ne prendeva i meriti. E' per questo che oggi sono in molti ad essere ancora innamorati dell'attorucolo Reagan e in pochi si ricordano di Henry Ford e della sua semplice formuletta; “Se pago bene i miei operai, loro compreranno le mie macchine”. Oggi sono altri tempi, oggi ci sono altri eroi, alla Steve Jobs. Oggi c'è un capitalismo da mela bacata, che ai suoi operai fa perdere il lavoro, gli delocalizza le fabbriche, in altre fabbriche, dove altri sventurati si suicidano per sfuggire a insopportabili carichi di lavoro. La chiamano delocalizzazione ma è solo la povertà dei molti per i guadagni di pochi, incredibilmente avidi.....
CAPITALISMO MONDIALE. LA PARABOLA DELLA MELA BACATA.
    
      Poco più di un anno fa sono rimasto impressionato quando uscì fuori la notizia che la differenza, per il costo del lavoro, tra il produrre una macchina in Italia o in Jugoslavia era di 400 euro. Se uno lo rapporta a quanto costa il prodotto finale ci ritroviamo che in quel caso  l'operaio andava ad incidere per circa il 4%, se pensiamo ad una macchina venduta a 10.000 €, e  personalmente la cosa mi sembrava un'assurdità. Vuoi vedere che tutta questa tirata sul costo del lavoro estremamente caro qui da noi, nasconde una mostruosa avidità di manager che ce la menano sulla globalizzazione, ma che dell'economia, delle loro società, se ne fregano bellamente, visto che a essere globalizzati sono gli stipendi dei loro sottoposti, ma i loro no, mai.

     Il caso della Apple di Steve Jobs è a mio parere ancor più eclatante. Una curiosità. Che uno dei principali distruttori di lavoro in Usa porti quel cognome è proprio uno scherzo del destino. Steve Jobs distruttore di lavoro? Non sono un economista, non ho numeri, statistiche, che mi permettano con assoluta certezza, di quantificare al centesimo quanto incide il costo del lavoro su ogni iphon/ipad, ma posso solo sopperire con il buonsenso. Non è una cosa scientifica, ma forse per questo tremendamente  più seria. Chi vuole documentarsi può vedere cosa mi permetteva di scrivere il buonsenso quando le Dotte scimmie discettavano, al contrario, sul nuovo paradigma economico (Alcune settimane fa su Repubblica è apparso un articolo sul 1929 e.... scritto tra il 2004 e il 2005, e il più recente La mandria impazzita e il vaccaro cretino) e non pensavano affatto che potesse arrivare questa crisi. Dunque la mia ricerca sarà essenzialmente naif, ma quello che mi preme evidenziare, l'enorme, mostruosa avidità, di certi comportamenti, sarà messa a fuoco  come in pochi hanno voluto fare.

     Iniziamo. La Apple e i suoi manager hanno pensato bene di delocalizzare  la produzione in qualche remota regione del globo non per offrire lavoro e prodotti a chi non ne aveva, ma per portare avanti la delocalizzazione  imperfetta che come risultato produce povertà per gli operai e, al contrario, estrema ricchezza per i manager.  Via dunque con i dati naif. Molto delle cifre che farò sulla Foxconn, la fabbrica dei suicidi, le ho ricavate da un articolo del Corriere della Sera. Si parla di uno stipendio base di 140 dollari che con tutti gli straordinari dovrebbe arrivare sui 200, e con gli aumenti decisi, a detta del giornalista, dovrebbe essere incrementato del 60% circa. Ma fermiamoci ai 200 dollari guadagnati dall'operaio cinese e ai 1.500 ipotetici (è credibile?)di un suo collega americano, in un rapporto di oltre 7 a 1. Consideriamo anche la produttività doppia nelle fabbriche cinesi (anche questo è un dato credibile?) e immettiamo i dati che ci mancano per completare il quadro.

     Quanto telefonini può assemblare l'operaio cinese, 5, 10, 20, o più al giorno? Per trenta giorni lavorativi significa un costo del lavoro per iphod di 1,33/0,66/0,33 $ (duecento dollari divisi per 150/300/600 pezzi). Ben maggiore, ovviamente il costo per unità di un  iphone prodotto in una ipotetica fabbrica Usa. La produttività dimezzata e il maggior costo del lavoro sortirebbero come risultato un prezzo di 20/10/5 $ che sono apparentemente un'enormità, ma se consideriamo il costo complessivo del prodotto finito, sui 260 $ può arrivare anche a meno del 2%. A questo c'è da aggiungere il costo dell'organizzazione della fabbrica, impiegati, ecc. E' un dato di cui non sono in possesso, ma che dovrebbe avere lo stesso percentuale di costi.

     C'è da dire che poi l'iphod sarà venduto essenzialmente nel paese che per questa bella politica di delocalizzazione avrà perso posti di lavoro, ricchezza, e almeno il 28% in tasse  non incassate. Trasportare poi in Usa il prodotto finito costerà poco, ma costerà . Concludendo credo che un 2%, ma fosse anche un 4%, o poco più,  di maggiorazione sul costo del prodotto, e non sul prezzo finale a cui viene venduto (sui 500/600 $), non farebbe fallire nessuno, farebbe solo guadagnare qualcosa di meno ai geniali capitalisti che sembrano avere, e in questo si sono grandi e geniali appunto,  l'unico obiettivo di dare un enorme contributo a distruggere il capitalismo nel  proprio paese prima, e nel mondo poi.

     Sono il primo a comprendere i limiti di questo mio post senza dati certi su cui impostare un discorso sui costi, ma trattandosi di un settore ad alta tecnologia  sono convinto che il costo del lavoro non dovrebbe essere poi così determinate come accaade invece in settori maturi, è così che entra il gioco il fattore avidity...........ovviamente non da sapere, ma da money. Mi sembra di essere in presenza del classico personaggio da  cartone animato. Al nostro eroe viene fatta mancare volutamente la terra sotto i piedi, e per un periodo di tempo apparentemente interminabile, continua  a sgambettare in aria senza accorgersene,  prima dell'inevitabile caduta. Così fan tutti questi “geniali” capitalisti. Tolgono lavoro, ricchezza, al proprio paese, per andare a produrre a prezzi più vantaggiosi, per le loro tasche, in paesi che non sono comunque pronti a comprare i prodotti che costruiscono, e che per questo saranno al contrario venduti ai cittadini del paese da questi signori impoverito, fino a quando questi schiocchi adoratori di spesso inutili giocattoli non si accorgeranno di non avere più alcun riferimento con la terra ferma, di camminare sulle nuvole! E allora.....sbooom!

                                                            paolosenzabandiere



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