22 giugno 2010

LA FIAT. LA FATA TURCHINA E IL CASO POLONIA

Quando scrivo si sa solo che il referendum svolto tra i lavoratori della fabbrica Fiat di Pomigliano ha visto votare oltre il 95% di operai. Si dà comunque per scontata la vittoria dei sì e non potrebbe essere altrimenti quando si è messi di fronte al ricatto di poter perdere il proprio posto lavoro, con i tempi che corrono, poi.

Eppure, caro lettore fantasma la cosa non mi convince. Si vuole spostare in Italia una produzione che in questo momento è fatta da operai polacchi che guadagnano un terzo degli operai italiani e che sono molto meno sindacalizzati e tutelati. Malgrado ciò la Fiat fata turchina si dice disposta ad investire 700 milioni di € per la produzione della Panda a Pomigliano, in cambio di un solo ridimensionamento dei diritti sindacali, continuando a pagare gli operai italiani quasi tre volte di più degli operai polacchi. Perchè?
A parte gli scherzi, io alla Fiat fata turchina non ho mai creduto, casomai stante il colore ha più le sembianze di un Barbablù, e allora perchè fare una cosa apparentemente antieconomica? Per fare un favore al governo? Ne dubito i favori la Fiat li riceve, non li fà. Per andare a uno scontro epocale con il sindacato in Italia? È possibile, ma sarebbe stato più semplice lasciare la produzione in Polonia o trasferirla nell'ancor più economica Serbia. E se fosse che malgrado tutto, con tutte quelle leggine sulla cassa integrazione, sulla rottamazione e compagnia bella produrre automobile nell'antieconomica Italia non è poi così drammaticamente antieconomico.
Ma una lezione dovrebbero comunque trarla i lavoratori polacchi di Tychy e quelli italiani di Pomigliano. Alla avidità della varie Marie Antoniette che detengono il potere nel mondo, non interessa nulla il vostro grado di arrendevolezza, di remissività economica, la vostra voglia di sopportare tutto per poter sopravvivere. Alla prima occasione e magari con più piacere se senza apparente motivo, la vostra fabbrica potrebbe essere chiusa perchè, perchè boh!

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