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Introduzione alla lettura
02/09/14
Questa è la
storia di un ragazzo filippino, uno dei tanti ragazzi venuti o nati in Italia
da genitori stranieri, che hanno fatto tutte le nostre scuole da noi.
Sono stati abituati a pensare italiano, gli
abbiamo insegnato l’inno nazionale, lo hanno cantato insieme a noi, hanno
tifato la nostra nazionale e la nostra squadra del cuore, hanno giocato,
pianto, riso, con i nostri figli, poi arriva il gran giorno, i 18 anni e la
promessa che saranno italiani, ma…
…Ma per i tanti Emanuel inizia solo un
orribile viaggio verso una verità che gli era stata vergognosamente nascosta.
Non sono più filippini o altro come i loro genitori, ma non sono neanche
italiani, come i loro amici, e come soprattutto la loro cultura grida in ogni
cosa che fanno.
Si corre anche il rischio che se i tuoi
genitori perdono il lavoro tu sia costretto a tornare in un paese che non è mai
stato il tuo. Come pensate possa stare un ragazzo nel dover pietire per mesi,
per anni, una cittadinanza che pensava
di essersi conquistato anno dopo anno con lo studio, con lo sport, con l’amore
per questo paese.
Qualcuno riesce a comprendere che per
questo si può anche cadere in depressione? o questi “sensibilissimi” signori
sono troppo impegnati nell’ “industria” dell’accoglienza da non poter pensare
una attimo a coloro che la cittadinanza italiana se la sono conquistata sul
campo? Troppa Caritas verso l’emergenza immigrazione e nulla o quasi verso gli
italiani di serie B?
paolosenzabandiere
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