20 gennaio 2013

(06) SENTENZA CORTE COSTITUZIONALE NAPOLITANO – GIUDICI DI PALERMO. DA REPUBBLICA PRESIDENZIALE A MONARCHIA ASSOLUTA?

Gennaio (06)
Introduzione alla lettura
19/01/13







    Sullo scontro Napolitano - giudici di Palermo ci sono da aggiungere alcune cose considerando che la Corte Costituzionale, richiamandosi all’art. 271 del c.p., impone ai giudici palermitani di distruggere i nastri delle telefonate registrate intercorse tra il Mancino, che cercava soluzioni ai suoi problemi giudiziari riguardanti la trattativa tra Stato e mafia, e il presidente Napolitano. L’articolo 271 in pratica recita che non possono essere usate le intercettazioni relative a conversazioni o comunicazioni di alcune categorie, dai ministri di culto, ai commercialisti, ai medici, ecc., “quando hanno a oggetto fatti conosciuti per ragione del loro ministero, ufficio o professione, salvo che le stesse persone abbiano deposto sugli stessi fatti o li abbiano in altro modo divulgati”. Ma nell’articolo in questione mai viene menzionata una figura istituzionale pubblica, dal singolo ministro in su, a cui applicare la legge. Tra l’altro l’applicazione a mio parere forzata dell’articolo 271 del c.p. alla figura del Presidente della Repubblica, va a stridere con alcuni articoli della Costituzione stessa che sono ben più pertinenti al suo ruolo. L’art. 90 della Costituzione recita: “Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. In tal caso è messo in stato di…..”. E’ del tutto evidente e implicito che reati compiuti non “nell’esercizio delle sue funzioni” sono ovviamente perseguibili come fosse un normale cittadino. Questi possibili reati “personali” o i reati contemplati esplicitamente dall’art. 90 non possono certo essere perseguiti intercettando volontariamente il Presidente della Repubblica,  ma qualora emerga, intercettando terzi per reati che li riguardano, che il Presidente abbia commesso  a sua volta reati, quelle intercettazioni devono essere usate per evitare che la Repubblica Italiana si trasformi in una  monarchia assoluta, con il monarca a cui tutto è permesso e che non può essere per alcun motivo perseguito…..







    Forse i giudici della Corte Costituzionale pensano che i reati gravissimi contemplati nell’articolo 90 della Costituzione possano essere scoperti  solo grazie al pentimento di qualcuno o al loro fallimento, nel caso di un colpo di stato ovviamente, visto che un’eventuale Presidente che trama al telefono contro la Repubblica può, secondo loro, far distruggere i nastri delle telefonate casualmente registrati e così farla franca. È probabile che io abbia un concetto naif delle leggi e della democrazia ma non credo che la Costituzione possa sopportare un simile privilegio per il Presidente della Repubblica e un tale sfregio per se stessa.



     Inoltre l’applicazione dell’art 271 del c.p. esteso, credo in maniera forzata al Presidente dello Repubblica, va a cozzare con altri articoli della Costituzione, che essendo la legge delle leggi, non dovrebbe mai essere messa in discussione da leggi normali che la contraddicano. L’art. 24 recita tra l’altro: “La difesa è diritto inviolabile in ogni stato è grado del procedimento.” Cancellare telefonate in cui si possano trovare elementi a discarico dell’inquisito, buoni per la sua difesa, o prove documentate della sua colpevolezza, è disattendere la Costituzione.



     Due riflessioni finali. La prima. I giudici di Palermo hanno detto che nelle intercettazioni non c’è alcuna rilevanza penale, ma la macchina della giustizia è cosa giustamente più complessa delle dichiarazioni di un singolo giudice. Ci potrebbe essere il caso di un giudice che per pavidità o altro decida di minimizzare una situazione al contrario grave. Per questo esiste un sistema di pesi e contrappesi e solo un giudice terzo, in presenza della difesa e dell’accusa, può decidere se sia giusto, o meno, distruggere quei nastri.



     La seconda riflessione. Non è la prima volta che Napolitano è stato intercettato. Lo era già stato ai tempi del terremoto dell’Aquila. L’allora presidente della Protezione Civile Bertolaso, con il telefono intercettato, ebbe un colloquio telefonico con il Presidente Napolitano, in cui l’attuale inquilino del Quirinale, nel pieno delle sue funzioni, chiedeva aiuti solleciti per i terremotati aquilani. La bella figura era assicurata e nessuno, nemmeno Napolitano, ebbe da ridire sull’intercettazione casuale. Accade poi che Mancino solleciti a più riprese un intervento, che non avrebbe dovuto esserci, per i suoi problemi con i giudici di Palermo, e improvvisamente le intercettazioni casuali diventano un problema di lesa maestà.



     Domandina finale. Rientra nell’ambito dell’esercizio delle proprie funzioni stare ad ascoltare un personaggio che pietisce favori per le sue disavventure giudiziarie e attivare, non si comprende bene per fare cosa, il proprio consigliere D’Ambrosio? Io credo di no.



                                                    paolosenzabandiere



   

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